SEDICO – Non si fa attendere la secca puntualizzazione del presidente della Cooperativa La Via di Agordo, rispetto alla difesa del modello trevigiano che Federsolidarietà Confcooperative, in ordine alla gestione degli avviati obbligatori, ha fatto sentire (leggi articolo) in seguito al messaggio d’allarme precedentemente lanciato dal primo.
Lo scenario che sta alla base del dibattito che si è aperto tra la Cooperativa La Via e le associazioni di categoria (Confcooperative) è rappresentato dalla necessità, posta dalla Regione Veneto, di definire un regolamento comune che disciplini la terziarizzazione di lavoro svantaggiato da parte di imprese del tessuto industriale regionale.
In tale ottica il regolamento in fase di studio pone a base una correlazione tra numero di disagiati e ammontare economico della commessa terziarizzata. Ne consegue che commesse di importo minimo troppo elevato pongono in grave difficoltà la terziarizzazione di lavoro eseguito da persone che hanno difficoltà psichiche o motorie. A questo proposito, ferma restando la valutazione estremamente positiva sulle convenzioni ex art. 14 da parte di chi, come la Cooperativa La Via, nel bellunese gestisce pressoché la totalità di tali situazioni, è sull’art. 7, ossia sulla convenzione che stabilirebbe dei parametri economici tali da vincolare aziende e cooperative, che la Cooperativa La Via ha posto il suo fermo e motivato giudizio negativo.
“Per noi il punto centrale – dice il presidente della Cooperativa La Via – è la tutela del lavoro svantaggiato, è l’individuo portatore di svantaggio ad essere il fulcro del meccanismo e non la commessa” e prosegue: “il lavoratore con problemi fisici o psichici non possiede i normali standard produttivi di un lavoratore normodotato e pertanto la sua tutela deve passare attraverso lavori semplici o a graduale aumento di complessità, che gli consentano un riavvicinamento al mondo del lavoro con le necessarie tutele; ovvio che commesse che richiedano lavorazioni troppo complesse o con produttività troppo elevata, mal si adattano ad essere eseguite da lavoratori svantaggiati che quindi, per rendere la commessa economicamente interessante, dovrebbero lasciare il posto a normodotati per poi essere impiegati invece in lavorazioni marginali e senza alcuna possibilità di sviluppo delle proprie competenze, conseguentemente senza potersi affrancare nel mondo del lavoro”.
Va da sé che l’importo minimo delle commesse terziarizzate deve tenere in debita considerazione le capacità lavorative del lavoratore svantaggiato consentendo un incontro tra domanda e offerta lasciata a libera concorrenza. In tale contesto l’unico valore minimo che può essere posto alla base del lavoro svantaggiato terziarizzato è il mero costo del lavoratore stesso. Avere a priori la presunzione di fissare un valore minimo della commessa è una logica datata che tende ad imbrigliare le professionalità e le caratteristiche che ogni singola cooperativa sociale di tipo B ha incorporato nel proprio codice genetico.
“Non si vorrebbe giungere alla – per noi – reietta conclusione”, conclude il Presidente della Cooperativa La Via, “che, per taluni, la necessità di insistere con tanta caparbietà su limiti economici minimi alle commesse terziarizzate derivi dalla necessità di salvaguardare la propria posizione monopolistica nel mercato del lavoro che dovrebbe essere invece riservato solo a lavoratori svantaggiati”.
Comments are closed.