“La leadership è azione, non posizione”.
(Donald H. McGannon)
“Un leader è un commerciante di speranza”.
(Napoleone Bonaparte)
La leadership
La parola leadership deriva dall’inglese to lead che significa dirigere; pertanto questo termine fa riferimento alla capacità di un individuo di saper guidare un gruppo di persone. E’ indicativo il fatto che in italiano non esista una parola per esprimere questo concetto. Lo stesso Mussolini ai tempi dovette far ricorso al latino per trovare un vocabolo che lo definisse: DUX. In effetti nella nostra cultura il concetto di leadership è spesso stato associato a guerre e battaglie e trova molte metafore all’interno del mondo militare. Se pensiamo al mondo degli affari l’allegoria militare alimenta l’archetipo della dirigenza vista come “controllo e comando”. Nel mondo militare, fatto di gerarchie e regole rigidissime e condivise, il grado consente effettivamente di esercitare il controllo sui “sottoposti”. Nel mondo extra militare invece l’autorità è del tutto insufficiente per la leadership poiché essa non è abbastanza sensibile al contesto.
In passato il dirigente aziendale gestiva programmazione e controllo: gli alti gradi decidevano cosa fare, i gradi intermedi trovavano il modo per farlo e tutti gli altri eseguivano gli ordini. Questo tipo di gestione manageriale non funziona più per il semplice motivo che i mercati cambiano in maniera repentina e le organizzazioni, per essere competitive, devono saper reagire in maniera altrettanto veloce. Sul piano del potere quello che fa la differenza oggi è il possedere l’informazione e il saperla elaborare velocemente, non più la grandezza dell’ufficio o l’autorità data dalle stellette.
L’autorità può aiutare ad essere leader ma una persona che ha autorità è veramente leader solo se il suo ascendente prescinde dalla sua posizione. Infatti, come abbiamo visto, l’autorità funziona bene nelle gerarchie riconosciute; perde tutta la sua ragion d’essere quando ci si trova a guidare persone che non condividono obiettivi e valori. In un contesto del genere più si cerca di spingere le persone verso un obiettivo non condiviso e più queste opporranno resistenza disperdendosi in tutte le direzioni; quindi sarà necessario imporre una forza ancora maggiore per contenere tutti entro i ranghi.
L’autorità spinge e basta; la leadership conduce e accompagna ciascuno verso una visione accattivante dell’avvenire.
Secondo Daniel Goleman (Essere leader, 2004) la leadership riguarda la capacità di influenzare la gente e aiutarla a lavorare meglio per raggiungere uno scopo finale in comune. Una tale definizione tuttavia rende solo una parte della complessa realtà che ruota attorno alla figura del leader in un gruppo. Il leader è chi sa di essere una guida e come tale sa di poter influenzare l’ambiente che lo circonda, cogliendone le opportunità esistenti e trasformando i vincoli in vantaggi presenti o future. Tale capacità di influenzare gli altri può non essere necessariamente utilizzato per il raggiungimento di obiettivi aziendali: in tal caso abbiamo nel gruppo di lavoro una figura di leader negativo. In quasi tutti i gruppi ce n’è almeno uno: si tratta di persone molto abili a coinvolgere e influenzare il resto del gruppo, proprio come il leader positivo.
Proprio come il leader positivo, egli ha una grande capacità di influenzare il resto del gruppo; a differenza di quest’ultimo però lo fa servendosi del gruppo, trascinandolo su tematiche che sono distruttive per il gruppo stesso e che comunque hanno la tendenza ad essere antiaziendali. A differenza del leader positivo egli tende a non esporsi troppo andando invece ad utilizzare in maniera furba e accattivante la manipolazione nei confronti dei colleghi con lo scopo di mantenere il suo potere acquisito e quei piccoli privilegi che il suo status gli assicura.
Ad esempio in una squadra di calcio il leader negativo è quello che sobilla il resto dei giocatori per ottenere allenamenti più leggeri o per evitare dei ritiri scomodi. Va da sé che se allenatore e società sportiva cedono su questi aspetti a lungo andare verrà inficiato l’obiettivo stesso della squadra (vincere le partite) poiché si avrà una diminuzione del rendimento complessivo della squadra sul terreno di gioco; a cascata questo causerà demotivazione in tutti i componenti del gruppo per i scarsi risultati ottenuti nelle partite e ridurrà sempre di più il senso di appartenza alla squadra stessa, causandone, nella peggiore delle ipotesi lo scioglimento. In generale possiamo affermare che il concetto di leadership è più vasto di quello di management; leadership e management sono due modalità di agire distinte e complementari ciascuna connotata da attività e funzioni proprie. La leadership completa il management, non lo sostituisce.
Quindi il leader è un capo o un manager?
In realtà il vero leader non è né un capo né un manager
Il capo dirige e comanda, fa paura, sa come si fa, usa le persone, dice cosa fare, si focalizza sugli errori e nel trovare i colpevoli; rappresenta il ruolo di comando, l’autorità, il livello gerarchico organizzativo investito di autorità formale. Il manager pianifica e gestisce, organizza, controlla e risolve i problemi; il management è venire a patti con la complessità, è l’arte di amministrare con l’unica motivazione del raggiungimento dei fini aziendali.
Il leader stabilisce la direzione, coinvolge e motiva le persone; la leadership è affrontare il cambiamento tanto che si misura proprio col cambiamento; l’attività principale è quella dell’orientamento e dell’indirizzo delle persone in base a una visione strategica.
“Un leader può non essere un capo.
Un capo può non essere un leader.
Un manager può essere l’uno e l’altro, può non essere un leader, non può non essere un capo”.
(da: Il cambiamento: da manager a leader, di Giuseppe Martini).
In parole povere: un “capo” e un “manager” si trovano in una posizione di privilegio per esercitare la leadership in un gruppo di lavoro poiché sono investiti di autorità formale; essi potrebbero però abitare il loro ruolo solo in base all’autorità conferita dal distintivo che li autorizza a comandare delle mansioni ad altre persone con un livello aziendale inferiore al loro. Infatti il leader del gruppo potrebbe anche non essere il capo o il manager formale ma qualcun altro all’interno dello staff che si distingue proprio per la capacità di influenzare tutto il contesto lavorativo.
Schematicamente le differenze sono queste:
Il ruolo ricoperto da un leader è determinante per mantenere un equilibrio produttivo e positivo tra le necessità aziendali e le dinamiche personali delle persone che compongono il suo gruppo di lavoro. Analizzeremo questo aspetto nel nostro prossimo articolo Gli obiettivi del leader.
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